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Nel Mezzogiorno il bilancio demografico complessivo presenta per l’ennesima volta segno negativo. Via più di due milioni e mezzo di persone
Prima lo Svimez, poi l’Istat. Cambiano gli istituti di ricerca non le cifre. Il Meridione d’Italia continua a spopolarsi ed interi territori sono ormai completamente abbandonati. La Cisal Calabria, lancia l’allarme e sull’ultimo rapporto dell’istituto di ricerca ricorda che in venti anni sono sparite più di due milioni e mezzo di persone dalle regioni del Sud. “Numeri che confermano lo stato di abbandono in cui versa il Mezzogiorno e in maniera particolare la nostra regione. Un’area compromessa da un sempre crescente aumento delle diseguaglianze interne e dall’ampliamento della povertà. La gente scappa, non fa più figli – scrivono – perché a queste latitudini non trova lavoro, è ostaggio di burocrazia e pubblica amministrazione inefficiente. E’ oppressa dalla criminalità. Senza dimenticare l’arretratezza infrastrutturale con cui, soprattutto le popolazioni delle aree interne, sono costretti a convivere quotidianamente. Tutti ricordano il grande potenziale del Sud, le eccellenze in campo turistico, alberghiero, agricolo e industriale ma chi in questi anni – concludono i dirigenti sindacali con un punto interrogativo – ha creato le condizioni per rendere queste potenzialità performanti, potendo contare su efficaci reti stradali, ferrovie, strutture aeroportuali e scali marittimi, prevedendo un fondo speciale destinato alle opere pubbliche e ad importanti sgravi fiscali per le aziende?”.
I dati Istat. Nel Mezzogiorno il bilancio demografico complessivo presenta per l’ennesima volta (dal 2014) segno negativo (-129mila residenti, pari al -6,3 per mille abitanti). A tale situazione concorrono sia le poste demografiche relative alla dinamica naturale (-2,9 per mille), sia soprattutto quelle relative alle migrazioni interne (-3,8 per mille). Si conta, infatti, che nel corso del 2019 circa 418mila individui abbiano lasciato un Comune del Mezzogiorno quale luogo di residenza per trasferirsi in un altro Comune italiano (eventualmente anche dello stesso Mezzogiorno, ma in ogni caso diverso da quello di origine), mentre circa 341mila sono gli individui che hanno eletto un Comune del Mezzogiorno quale luogo di dimora abituale (eventualmente anche provenienti da altro Comune dello stesso Mezzogiorno). Tale dinamica sfavorevole ha generato, quindi, un saldo negativo pari a -77mila unità per il complesso della ripartizione, risultando peraltro accresciuto rispetto al -73mila occorso nel 2018. La questione accomuna tutte le regioni del Mezzogiorno – singolarmente prese tutte presentano saldi migratori interni negativi – pur se all’interno di un contesto eterogeneo nel quale i margini di grandezza variano dal -1 per mille della Sardegna al -5,8 per mille della Calabria. Le regioni del Nord, dove globalmente si riscontra un tasso del +2,5 per mille, sono quelle a maggiore capacità attrattiva, rispetto a quelle di un Centro che nel complesso registra un +0,6 per mille. Sotto questo profilo, emergono flussi migratori netti molto positivi tanto nella zona nord-occidentale (Lombardia, +3 per mille), quanto soprattutto in quella nord-orientale e segnatamente nelle Province di Trento (+3,9) e Bolzano (+3,4) e in Emilia-Romagna (+3,7).
Nel Mezzogiorno il bilancio demografico complessivo presenta per l’ennesima volta segno negativo. Via più di due milioni e mezzo di persone
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I dati Istat. Nel Mezzogiorno il bilancio demografico complessivo presenta per l’ennesima volta (dal 2014) segno negativo (-129mila residenti, pari al -6,3 per mille abitanti). A tale situazione concorrono sia le poste demografiche relative alla dinamica naturale (-2,9 per mille), sia soprattutto quelle relative alle migrazioni interne (-3,8 per mille). Si conta, infatti, che nel corso del 2019 circa 418mila individui abbiano lasciato un Comune del Mezzogiorno quale luogo di residenza per trasferirsi in un altro Comune italiano (eventualmente anche dello stesso Mezzogiorno, ma in ogni caso diverso da quello di origine), mentre circa 341mila sono gli individui che hanno eletto un Comune del Mezzogiorno quale luogo di dimora abituale (eventualmente anche provenienti da altro Comune dello stesso Mezzogiorno). Tale dinamica sfavorevole ha generato, quindi, un saldo negativo pari a -77mila unità per il complesso della ripartizione, risultando peraltro accresciuto rispetto al -73mila occorso nel 2018. La questione accomuna tutte le regioni del Mezzogiorno – singolarmente prese tutte presentano saldi migratori interni negativi – pur se all’interno di un contesto eterogeneo nel quale i margini di grandezza variano dal -1 per mille della Sardegna al -5,8 per mille della Calabria. Le regioni del Nord, dove globalmente si riscontra un tasso del +2,5 per mille, sono quelle a maggiore capacità attrattiva, rispetto a quelle di un Centro che nel complesso registra un +0,6 per mille. Sotto questo profilo, emergono flussi migratori netti molto positivi tanto nella zona nord-occidentale (Lombardia, +3 per mille), quanto soprattutto in quella nord-orientale e segnatamente nelle Province di Trento (+3,9) e Bolzano (+3,4) e in Emilia-Romagna (+3,7).
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