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Confindustria ha ufficialmente comunicato la separazione della rete: Net.Co passerà in FiberCop e successivamente confluirà in un’azienda chiamata Optics Bidco. Secondo Confindustria, Optics Bidco è un veicolo societario indirettamente controllato da fondi gestiti da KKR & Co. Inc.
Questa confusione finanziaria e societaria può davvero rassicurare i lavoratori?
Nonostante ciò, c’è un silenzio generale, con molti che celebrano questa “grande e magnifica” operazione. Tuttavia, il destino di 30mila lavoratori e delle loro famiglie sembra non interessare a nessuno, e nessun organo di informazione ne parla…
L’operazione di separazione della rete e il trasferimento delle attività in Optics Bidco rappresenta un punto di svolta critico per una delle aziende storiche del settore delle telecomunicazioni in Italia, Sip‐Telecom Italia‐Tim. Un’azienda che, una volta presente in 30 paesi, è ora ridotta a operare solo in Italia, San Marino e Brasile. Questa realtà è stata costruita dallo Stato Italiano e sostenuta dalla collettività, diventando simbolo di progresso e innovazione. Tuttavia, le successive decisioni di privatizzazione e smembramento, condotte per logiche di mercato e scelte politiche miopi, hanno condotto a un inesorabile declino.
La privatizzazione di Telecom Italia, definita “la madre di tutte le privatizzazioni”, è stata applaudita dai media e sostenuta dai principali sindacati dell’epoca, ma è stata eseguita attraverso un acquisto a debito. Questo ha compromesso gravemente la stabilità finanziaria dell’azienda, ponendo le basi per una serie di crisi gestionali e strutturali. La mancanza di una visione strategica a lungo termine ha trasformato una risorsa nazionale in un campo di battaglia per interessi finanziari privati, trascurando il bene comune e il futuro dei lavoratori.
Dal punto di vista sindacale, questa operazione rappresenta una grave preoccupazione per il futuro occupazionale di migliaia di lavoratori. Le politiche di esternalizzazione, i trasferimenti forzati, i demansionamenti e i contratti di solidarietà sono solo alcune delle pratiche che hanno gravemente danneggiato il tessuto lavorativo dell’azienda. La riduzione dei diritti e delle garanzie dei lavoratori è stata attuata con la scusa di mantenere il perimetro occupazionale, ma il risultato è stato un progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro e la perdita di posti di lavoro.
Sul piano politico, la frammentazione e la vendita delle parti di Telecom Italia hanno dimostrato una mancanza di responsabilità e visione da parte delle istituzioni. Invece di proteggere un’infrastruttura cruciale per lo sviluppo economico e sociale del Paese, si è preferito cedere a pressioni di mercato che hanno favorito interessi privati a discapito del bene pubblico. Questa scelta ha portato l’Italia in una posizione di debolezza rispetto agli altri paesi europei, dove lo Stato mantiene un ruolo strategico nelle telecomunicazioni.
Infine, l’analisi di mercato evidenzia come la divisione e la privatizzazione estrema abbiano generato incertezze e instabilità. Mentre altri Paesi hanno mantenuto una gestione centralizzata e coesa delle loro reti di telecomunicazione, l’Italia ha scelto la strada della frammentazione. Questo non solo ha ridotto la competitività internazionale del settore, ma ha anche avuto gravi ripercussioni sul piano occupazionale e sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Questa operazione dimostra ancora una volta la necessità di ripensare profondamente i valori e gli obiettivi che dovrebbero guidare le decisioni nel settore delle telecomunicazioni. È imperativo adottare metodi di tutela più adeguati e rispettosi della legge, che possano garantire non solo la protezione dei lavoratori, ma anche la salvaguardia del patrimonio tecnologico nazionale.
Cisal Comunicazione esprime seria preoccupazione per le possibili ripercussioni occupazionali e strategiche di tale operazione, invitando le istituzioni a vigilare affinché sia garantita la tutela dei lavoratori e la salvaguardia del patrimonio tecnologico nazionale.
Confindustria ha ufficialmente comunicato la separazione della rete: Net.Co passerà in FiberCop e successivamente confluirà in un’azienda chiamata Optics Bidco. Secondo Confindustria, Optics Bidco è un veicolo societario indirettamente controllato da fondi gestiti da KKR & Co. Inc.
Questa confusione finanziaria e societaria può davvero rassicurare i lavoratori?
Nonostante ciò, c’è un silenzio generale, con molti che celebrano questa “grande e magnifica” operazione. Tuttavia, il destino di 30mila lavoratori e delle loro famiglie sembra non interessare a nessuno, e nessun organo di informazione ne parla…
L’operazione di separazione della rete e il trasferimento delle attività in Optics Bidco rappresenta un punto di svolta critico per una delle aziende storiche del settore delle telecomunicazioni in Italia, Sip‐Telecom Italia‐Tim. Un’azienda che, una volta presente in 30 paesi, è ora ridotta a operare solo in Italia, San Marino e Brasile. Questa realtà è stata costruita dallo Stato Italiano e sostenuta dalla collettività, diventando simbolo di progresso e innovazione. Tuttavia, le successive decisioni di privatizzazione e smembramento, condotte per logiche di mercato e scelte politiche miopi, hanno condotto a un inesorabile declino.
La privatizzazione di Telecom Italia, definita “la madre di tutte le privatizzazioni”, è stata applaudita dai media e sostenuta dai principali sindacati dell’epoca, ma è stata eseguita attraverso un acquisto a debito. Questo ha compromesso gravemente la stabilità finanziaria dell’azienda, ponendo le basi per una serie di crisi gestionali e strutturali. La mancanza di una visione strategica a lungo termine ha trasformato una risorsa nazionale in un campo di battaglia per interessi finanziari privati, trascurando il bene comune e il futuro dei lavoratori.
Dal punto di vista sindacale, questa operazione rappresenta una grave preoccupazione per il futuro occupazionale di migliaia di lavoratori. Le politiche di esternalizzazione, i trasferimenti forzati, i demansionamenti e i contratti di solidarietà sono solo alcune delle pratiche che hanno gravemente danneggiato il tessuto lavorativo dell’azienda. La riduzione dei diritti e delle garanzie dei lavoratori è stata attuata con la scusa di mantenere il perimetro occupazionale, ma il risultato è stato un progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro e la perdita di posti di lavoro.
Sul piano politico, la frammentazione e la vendita delle parti di Telecom Italia hanno dimostrato una mancanza di responsabilità e visione da parte delle istituzioni. Invece di proteggere un’infrastruttura cruciale per lo sviluppo economico e sociale del Paese, si è preferito cedere a pressioni di mercato che hanno favorito interessi privati a discapito del bene pubblico. Questa scelta ha portato l’Italia in una posizione di debolezza rispetto agli altri paesi europei, dove lo Stato mantiene un ruolo strategico nelle telecomunicazioni.
Infine, l’analisi di mercato evidenzia come la divisione e la privatizzazione estrema abbiano generato incertezze e instabilità. Mentre altri Paesi hanno mantenuto una gestione centralizzata e coesa delle loro reti di telecomunicazione, l’Italia ha scelto la strada della frammentazione. Questo non solo ha ridotto la competitività internazionale del settore, ma ha anche avuto gravi ripercussioni sul piano occupazionale e sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Questa operazione dimostra ancora una volta la necessità di ripensare profondamente i valori e gli obiettivi che dovrebbero guidare le decisioni nel settore delle telecomunicazioni. È imperativo adottare metodi di tutela più adeguati e rispettosi della legge, che possano garantire non solo la protezione dei lavoratori, ma anche la salvaguardia del patrimonio tecnologico nazionale.
Cisal Comunicazione esprime seria preoccupazione per le possibili ripercussioni occupazionali e strategiche di tale operazione, invitando le istituzioni a vigilare affinché sia garantita la tutela dei lavoratori e la salvaguardia del patrimonio tecnologico nazionale.
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