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Massima condivisione con chi è chiamato quotidianamente e direttamente ad applicarla. Filp Cisal: “Colpiti positivamente dall’approccio metodologico indicato da Draghi”
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nel suo discorso al Senato sulle dichiarazioni programmatiche del Governo, ha affrontato temi decisivi, tra cui quello della riforma fiscale. È stato correttamente osservato che “Una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio”. Quello che più colpisce positivamente (e lascia ben sperare) però, è l’approccio metodologico indicato. Il Premier ha, infatti, ricordato che l’esperienza insegna che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate ad esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un’imposta. In particolare, è stato fatto l’esempio della Danimarca ma, anche quello dell’Italia degli anni ’70.
Si tende spesso a dimenticare, infatti, che l’attuale sistema fiscale si regge ancora sulla grande riforma di quegli anni, che ebbe come protagonisti, tra gli altri, Bruno Visentini, Cesare Cosciani ed altri autorevoli membri della Commissione di Studio di quegli anni. L’emanazione della legge delega 9 ottobre 1971, n. 825 (cui seguirono i diversi decreti attuativi), infatti, fu il prodotto di quasi 10 anni di studio e di dibattito tecnico e politico (l’insediamento Commissione di studio per la riforma tributaria si ebbe nel 1962). Nessun’altra riforma di eguale portata è poi seguita negli anni successivi, sebbene siano stati innumerevoli sia gli interventi di modifica ‘spot’ del sistema che i progetti di legge proposti.
Il Premier Draghi ha, appunto, voluto ricordare che l’Italia è ben in grado, come in passato, di ridisegnare l’intero sistema fiscale. Per farlo, ha bisogno di esperti ma anche di massima condivisione. La condivisione sulla riforma fiscale deve essere quanto più ampia possibile: essa deve essere presente nei partiti politici, nelle parti sociali, nei tecnici delle commissioni di studio e presso la società in generale. Coinvolgere (o trovare il favore) solo di una parte di questi soggetti avrebbe un rischio enorme sulla piena riuscita della riforma: si rischierebbe di intervenire, in via “selettiva”, su uno o l’altro aspetto del sistema tributario. Ma quello di cui il Paese ha bisogno, non è più un nuovo ‘fiume’ di norme fiscali a beneficio di specifici contribuenti ma di un disegno complessivo finalizzato a perseguire principi di equità, efficienza, trasparenza e di certezza del diritto. Occorre abbandonare l’ottica della produzione normativa alluvionale ed asistematica e puntare alla razionalità e all’armonia del sistema.La riforma deve essere altresì pienamente condivisa dai soggetti chiamati quotidianamente e direttamente ad applicarla, tra cui i professionisti, Dottori Commercialisti in primis. Quale migliore occasione per mettere a disposizione e a fattor comune la davvero unica conoscenza che i Dottori Commercialisti hanno del sistema fiscale, delle sue criticità, delle sue spesso inutili complicazioni? Proprio sulle inutili complicazioni del sistema tributario italiano si è espresso, poco tempo fa, nel corso di un’audizione in Parlamento il Direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini. È stato ricordato che l’asistematicità” dell’ordinamento fiscale è una delle principali cause delle “condotte antigiuridiche”: più la normativa è complessa e poco chiara, più si tende all’inadempimento, sia esso voluto o inconsapevole. Si condivide questo autorevole pensiero; ci si permette, tuttavia, di osservare che, in questa ‘giungla fiscale’, i Dottori Commercialisti (come molti altri professionisti) sono in prima linea, da sempre, a fianco dei contribuenti. Essi hanno sempre osservato e rispettato con costanza, serietà ed integrità la funzione di tutela degli interessi erariali e di presidio di legalità attribuitagli dal (caotico e, spesso, sordo) legislatore. Questi sforzi devono oggi essere tenuti in debita considerazione: qualsiasi riforma fiscale, dovrà coinvolgere direttamente e sistematicamente i Dottori Commercialisti e gli altri professionisti interessati. E il Legislatore ed il Governo dovranno, finalmente, imparare ad ascoltarli. In definitiva, lo Stato deve tornare ad essere in grado di intercettare le esigenze dei professionisti: una riforma fiscale epocale, come quella che, si auspica, andrà via via delineandosi, è la giusta (e, forse, l’ultima) grande occasione.
Vincenzo Morelli, Commissario Nazionale Filp Cisal

Massima condivisione con chi è chiamato quotidianamente e direttamente ad applicarla. Filp Cisal: “Colpiti positivamente dall’approccio metodologico indicato da Draghi”
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nel suo discorso al Senato sulle dichiarazioni programmatiche del Governo, ha affrontato temi decisivi, tra cui quello della riforma fiscale. È stato correttamente osservato che “Una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio”. Quello che più colpisce positivamente (e lascia ben sperare) però, è l’approccio metodologico indicato. Il Premier ha, infatti, ricordato che l’esperienza insegna che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate ad esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un’imposta. In particolare, è stato fatto l’esempio della Danimarca ma, anche quello dell’Italia degli anni ’70.
Si tende spesso a dimenticare, infatti, che l’attuale sistema fiscale si regge ancora sulla grande riforma di quegli anni, che ebbe come protagonisti, tra gli altri, Bruno Visentini, Cesare Cosciani ed altri autorevoli membri della Commissione di Studio di quegli anni. L’emanazione della legge delega 9 ottobre 1971, n. 825 (cui seguirono i diversi decreti attuativi), infatti, fu il prodotto di quasi 10 anni di studio e di dibattito tecnico e politico (l’insediamento Commissione di studio per la riforma tributaria si ebbe nel 1962). Nessun’altra riforma di eguale portata è poi seguita negli anni successivi, sebbene siano stati innumerevoli sia gli interventi di modifica ‘spot’ del sistema che i progetti di legge proposti.
Il Premier Draghi ha, appunto, voluto ricordare che l’Italia è ben in grado, come in passato, di ridisegnare l’intero sistema fiscale. Per farlo, ha bisogno di esperti ma anche di massima condivisione. La condivisione sulla riforma fiscale deve essere quanto più ampia possibile: essa deve essere presente nei partiti politici, nelle parti sociali, nei tecnici delle commissioni di studio e presso la società in generale. Coinvolgere (o trovare il favore) solo di una parte di questi soggetti avrebbe un rischio enorme sulla piena riuscita della riforma: si rischierebbe di intervenire, in via “selettiva”, su uno o l’altro aspetto del sistema tributario. Ma quello di cui il Paese ha bisogno, non è più un nuovo ‘fiume’ di norme fiscali a beneficio di specifici contribuenti ma di un disegno complessivo finalizzato a perseguire principi di equità, efficienza, trasparenza e di certezza del diritto. Occorre abbandonare l’ottica della produzione normativa alluvionale ed asistematica e puntare alla razionalità e all’armonia del sistema.La riforma deve essere altresì pienamente condivisa dai soggetti chiamati quotidianamente e direttamente ad applicarla, tra cui i professionisti, Dottori Commercialisti in primis. Quale migliore occasione per mettere a disposizione e a fattor comune la davvero unica conoscenza che i Dottori Commercialisti hanno del sistema fiscale, delle sue criticità, delle sue spesso inutili complicazioni? Proprio sulle inutili complicazioni del sistema tributario italiano si è espresso, poco tempo fa, nel corso di un’audizione in Parlamento il Direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini. È stato ricordato che l’asistematicità” dell’ordinamento fiscale è una delle principali cause delle “condotte antigiuridiche”: più la normativa è complessa e poco chiara, più si tende all’inadempimento, sia esso voluto o inconsapevole. Si condivide questo autorevole pensiero; ci si permette, tuttavia, di osservare che, in questa ‘giungla fiscale’, i Dottori Commercialisti (come molti altri professionisti) sono in prima linea, da sempre, a fianco dei contribuenti. Essi hanno sempre osservato e rispettato con costanza, serietà ed integrità la funzione di tutela degli interessi erariali e di presidio di legalità attribuitagli dal (caotico e, spesso, sordo) legislatore. Questi sforzi devono oggi essere tenuti in debita considerazione: qualsiasi riforma fiscale, dovrà coinvolgere direttamente e sistematicamente i Dottori Commercialisti e gli altri professionisti interessati. E il Legislatore ed il Governo dovranno, finalmente, imparare ad ascoltarli. In definitiva, lo Stato deve tornare ad essere in grado di intercettare le esigenze dei professionisti: una riforma fiscale epocale, come quella che, si auspica, andrà via via delineandosi, è la giusta (e, forse, l’ultima) grande occasione.
Vincenzo Morelli, Commissario Nazionale Filp Cisal
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