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L’intervento del Segretario Generale Mauro Mongelli all’indomani del tavolo convocato dal Ministro De Micheli con i rappresentati delle Regioni, dei Comuni, delle Province e della Scuola
“Già da aprile, in pieno lockdown, i cittadini ed il sindacato facevano fatica ad immaginare il futuro della mobilità, come spostarsi, come andare a lavorare e a scuola, confidando nella centralità del ruolo che doveva svolgere il trasporto pubblico locale alla ripresa. Si credeva che quell’esperienza, spettro che tragicamente si riaffaccia – dichiara il Segretario Generale della Faisa Cisal Mauro Mongelli – fosse stata un’occasione di programmazione di nuovi paradigmi e modelli diversi magari immaginando cambiamenti della curva di distribuzione del trasporto, ridistribuendo l’orario di lavoro e di studio nell’arco dell’intera giornata. Si evocava la necessaria prudenza e la necessità di trasformare l’emergenza in un occasione utile a rifondare un settore nevralgico del Paese con una logica sinergica e di condivisione, senza polemiche e divisioni, esortando per il Trasporto Pubblico Locale nuove risorse ma anche nuovi equilibri per un settore fortemente provato dalla emergenza sanitaria ed economica. E’ altrettanto chiaro che, dopo le misure di contenimento adottate, si chiedeva di programmare l’aumento della frequenza del servizio, necessario a soddisfare la domanda attesa e l’utilizzo di un numero significativo di mezzi e uomini che, le stesse aziende dichiaravano di non avere, tanto da suggerire misure alternative. A settembre, sebbene nel corso dell’emergenza siano stati previsti sostegni al settore utili a compensare in parte le perdite dei ricavi da traffico, peraltro poi parzialmente destinati al ristoro degli abbonati, a pochi giorni dall’apertura delle scuole, da più parti si richiamava preoccupati l’attenzione circa l’insostenibilità del servizio a fronte di un fabbisogno immutato che si sarebbe concentrato in ore specifiche della giornata. Tutti speravano in una scomparsa della pandemia ma altrettanto tutti sapevano che Settembre sarebbe stato il mese in cui questo settore sarebbe stato realmente messo alla prova, una prova che non si doveva e non si dovrà fallire per uscire dalla crisi sanitaria ed economica che ha colpito il Paese. Le misure adottate dal Ministero dei Trasporti nei primi di settembre, ovvero le deroghe al distanziamento e quindi l’innalzamento dei coefficienti di carico, strettamente connessi all’indeterminata salita ed alla discesa dei viaggiatori, unita all’incertezza di precise indicazioni su chi avrebbe controllato il rispetto di questi precetti, si temeva alimentassero quel senso di libero arbitrio o ancora peggio, come già accaduto, ulteriori atti di violenza da parte di chicchessia nei confronti di chi avrebbe provato e prova a chiederne la rigorosa attuazione. Solo chi non vuole vedere minimizza le criticità definendole limitate che da più parti si riscontrano. Purtroppo, il presagio segnalato era concreto, ma adesso tutti hanno l’obbligo di dimostrare che questa modalità di trasporto è effettivamente un emblema di sicurezza, provando ad allontanare ogni tipo di fuorviante percezione che lo considererebbe un facile mezzo di contagio ed identificandolo, quindi, come un luogo fisico sicuro e protetto anche dalle diffuse e continue intemperanze ai danni di operatori ed utenti. Questo però, va provato velocemente e senza polemiche con atti concreti e con misure concertate sia a livello nazionale che regionale, che restituiscano innanzitutto segnali tangibili di sicurezza, vigilanza e controllo senza farlo ricadere sul personale front-line e contemperando quindi, diritto alla mobilità, sicurezza, occupazione e sostegno economico”.

L’intervento del Segretario Generale Mauro Mongelli all’indomani del tavolo convocato dal Ministro De Micheli con i rappresentati delle Regioni, dei Comuni, delle Province e della Scuola
“Già da aprile, in pieno lockdown, i cittadini ed il sindacato facevano fatica ad immaginare il futuro della mobilità, come spostarsi, come andare a lavorare e a scuola, confidando nella centralità del ruolo che doveva svolgere il trasporto pubblico locale alla ripresa. Si credeva che quell’esperienza, spettro che tragicamente si riaffaccia – dichiara il Segretario Generale della Faisa Cisal Mauro Mongelli – fosse stata un’occasione di programmazione di nuovi paradigmi e modelli diversi magari immaginando cambiamenti della curva di distribuzione del trasporto, ridistribuendo l’orario di lavoro e di studio nell’arco dell’intera giornata. Si evocava la necessaria prudenza e la necessità di trasformare l’emergenza in un occasione utile a rifondare un settore nevralgico del Paese con una logica sinergica e di condivisione, senza polemiche e divisioni, esortando per il Trasporto Pubblico Locale nuove risorse ma anche nuovi equilibri per un settore fortemente provato dalla emergenza sanitaria ed economica. E’ altrettanto chiaro che, dopo le misure di contenimento adottate, si chiedeva di programmare l’aumento della frequenza del servizio, necessario a soddisfare la domanda attesa e l’utilizzo di un numero significativo di mezzi e uomini che, le stesse aziende dichiaravano di non avere, tanto da suggerire misure alternative. A settembre, sebbene nel corso dell’emergenza siano stati previsti sostegni al settore utili a compensare in parte le perdite dei ricavi da traffico, peraltro poi parzialmente destinati al ristoro degli abbonati, a pochi giorni dall’apertura delle scuole, da più parti si richiamava preoccupati l’attenzione circa l’insostenibilità del servizio a fronte di un fabbisogno immutato che si sarebbe concentrato in ore specifiche della giornata. Tutti speravano in una scomparsa della pandemia ma altrettanto tutti sapevano che Settembre sarebbe stato il mese in cui questo settore sarebbe stato realmente messo alla prova, una prova che non si doveva e non si dovrà fallire per uscire dalla crisi sanitaria ed economica che ha colpito il Paese. Le misure adottate dal Ministero dei Trasporti nei primi di settembre, ovvero le deroghe al distanziamento e quindi l’innalzamento dei coefficienti di carico, strettamente connessi all’indeterminata salita ed alla discesa dei viaggiatori, unita all’incertezza di precise indicazioni su chi avrebbe controllato il rispetto di questi precetti, si temeva alimentassero quel senso di libero arbitrio o ancora peggio, come già accaduto, ulteriori atti di violenza da parte di chicchessia nei confronti di chi avrebbe provato e prova a chiederne la rigorosa attuazione. Solo chi non vuole vedere minimizza le criticità definendole limitate che da più parti si riscontrano. Purtroppo, il presagio segnalato era concreto, ma adesso tutti hanno l’obbligo di dimostrare che questa modalità di trasporto è effettivamente un emblema di sicurezza, provando ad allontanare ogni tipo di fuorviante percezione che lo considererebbe un facile mezzo di contagio ed identificandolo, quindi, come un luogo fisico sicuro e protetto anche dalle diffuse e continue intemperanze ai danni di operatori ed utenti. Questo però, va provato velocemente e senza polemiche con atti concreti e con misure concertate sia a livello nazionale che regionale, che restituiscano innanzitutto segnali tangibili di sicurezza, vigilanza e controllo senza farlo ricadere sul personale front-line e contemperando quindi, diritto alla mobilità, sicurezza, occupazione e sostegno economico”.
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